Sanità: con il wi-fi ci si cura meglio?
Le sale d’attesa di studi medici, ospedali e altre strutture sanitarie sono, in genere, luoghi sempre molto affollati. Ed è per questo che, alcuni di essi, hanno scelto di installare dei punti di connessione e degli hotspot wi-fi in tutti i reparti, in modo da offrire sia al paziente che al personale medico la possibilità di trascorrere del tempo in rete, per svagarsi o per cercare informazioni importanti riguardo gli accertamenti in corso.
La prima ad attrezzarsi è stata la struttura ospedaliera Regina Margherita, a Torino. Infatti, il 2 febbraio scorso, essa è stata la prima, nella Regione Piemonte, a realizzare la rete attivando ben 40 access point che rendono liberamente fruibile la rete internet in tutti i reparti. Inoltre, sono stati messi a disposizione circa 20 tablet, che saranno distribuiti nei veri punti della struttura, a disposizione dei pazienti sprovvisti di dispositivi personali. Anche a Milano, al Policlinico, è arrivato da un po’ di tempo il wi-fi gratis ed accessibile a tutti. L’appalto per il progetto è stato assegnato a metà settembre dell’anno 2015. La rete senza fili copre tutti i 27 padiglioni del Policlinico e, in questo modo, avranno la possibilità di collegarsi alla rete e navigare (con una password assegnata di volta in volta), sia i pazienti in ricovero che quelli in attesa di visita. Anche il Policlinico, quindi, sembra essere uno dei primi ospedali lombardi ad abbracciare l’idea di avere una rete wi-fi anche nella propria struttura ospedaliera, tra i medici e tra i pazienti. Fino a qualche anno fa, soltanto il Blocco sud e il padiglione Dea dell’ospedale Niguarda erano provvisti di monitor (da usare sia come tv che come pc), mentre il FatebeneFratelli, nel reparto di pediatria e oncologia, era in possesso della connessione senza fili. Meno all’avanguardia, invece, il San Carlo e il San Paolo.
Ovviamente, alla base di questa idea, non vi è soltanto la cruda praticità e lo scopo di accelerare il processo di innovazione digitale: vi sono motivi molto più profondi, come quello di rendere la tecnologia un vero e proprio “ponte” invisibile tra i pazienti e le loro famiglie.
Basta pensare alle centinaia di bambini affetti da alcune patologie, costretti, a causa delle terapie, a restare per settimane e settimane lontani da casa. Non dimentichiamo, comunque, che unitamente ad una ripresa fisica, il benessere deve derivare anche da una vera e propria ripresa psicologica che, molto spesso, si può ottenere solo grazie alla vicinanza (seppure virtuale) di genitori, amici e persone care. L’immagine quindi del paziente tagliato fuori dal mondo nei giorni di ricovero, starebbe lentamente scomparendo dall’immaginario comune.
Tale strumento, come dicevamo prima, sarà utile anche agli operatori medici che, grazie a tale tecnologia, potranno consultare analisi ed accertamenti di ogni malato, non più dal caro vecchio modello cartaceo, ma da una tecnologia tutta in cloud, grazie ad un personal computer. Non tutto è filato liscio come l’olio, però, durante la realizzazione di tali progetti: non sono mancate, infatti, critiche su critiche (alcune anche molto aspre) sui rischi a cui i pazienti sarebbero esposti, a causa della presenza di campi elettromagnetici. C’è anche da dire, però, che secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) non ci sarebbe alcun effetto sanitario collaterale legato all’uso di tale tecnologia. Comunque, ulteriori ricerche sono in corso, col fine di colmare ogni possibile lacuna sull’argomento.